Prosegue il mio diario settimanale ricamato (per chi non sapesse cosa sto facendo e perché, qui c’è la spiegazione).
Altra settimana scivolata via così, un giorno dopo l’altro, senza grandi attività (se non il mio amato ricamo giapponese) e senza grandi uscite. Alla ricerca di un ricordo della settimana, che mi desse uno spunto per il quadratino da ricamare, mi sono ricordata un particolare di un sogno di un paio di giorni fa.
Raramente ricordo i sogni, che svaniscono via non appena appoggio il piede a terra. I pochi sogni che ricordo sono incubi catastrofici, in cui mescolo elementi della mia vita attuale (marito, gatto, figli, alcune stanze di casa) con altri della mia infanzia (la mia casa originaria). Per fortuna adesso è un bel po’ che non ne faccio, si vede che è un periodo sereno anche per il mio inconscio.
Nelle ultime settimane ho sognato un po’ di più… magari per colpa del caldo: sogni complicati con storie intricate e un po’ confuse, che nonostante gli sforzi non ricordo mai. Ma dell’ultimo ricordo un frammento: uscivo all’aperto, a ridosso di un edificio di vetro pienamente illuminato, e c’era una notte buia con un cielo stellato spettacolare e rimanevo incantata, con gli occhi alzati, cercando di schermare la luce del palazzo con la mano per poter guardare tutte le stelle. Al risveglio potevo ancora assaporare il senso di meraviglia e di stupore nel vedere delle stelle così luminose.
Il ricamo non è venuto come avrei desiderato, ma è stata l’occasione per rispolverare un po’ il punto di Bayeux, anche se, obiettivamente, non è la base migliore per ricamarci sopra le ministelline con l’Anchor Marlitt (viscosa). Visto da lontano, migliora un po’…